#CharlieHebdo, le parole profetiche ma inascoltate del cardinale Biffi | intelligonews

08 Jan 2015 – Americo Mascarucci

chiesa“Gli islamici – nella stragrande maggioranza e con qualche eccezione – vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra ‘umanità’, individuale e associata, in ciò che ha di più essenziale, di più prezioso, di più ‘laicamente’ irrinunciabile: più o meno dichiaratamente, essi vengono a noi ben decisi a rimanere sostanzialmente ‘diversi’, in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro.  Hanno una forma di alimentazione diversa (e fin qui poco male), un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino a praticare la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede indubitabile e irrinunciabile, anche se aspettano prudentemente a farla valere di diventare preponderanti.Non sono dunque gli uomini di Chiesa, ma gli stati occidentali moderni a dover far bene i loro conti a questo riguardo.  Va anzi detto qualcosa di più: se il nostro Stato crede sul serio nell’importanza delle libertà civili (tra cui quella religiosa) e nei principi democratici, dovrebbe adoperarsi perché essi siano sempre più diffusi, accolti e praticati a tutte le latitudini. Un piccolo strumento per raggiungere questo scopo è quello della richiesta che venga data una ‘reciprocità’ non puramente verbale da parte degli stati di origine degli immigrati”.

Queste frasi potrebbe apparire di una sconvolgente attualità, fino a far nascere il sospetto che possano essere state scritte oggi in seguito al terribile attentato compiuto a Parigi ai danni del giornale satirico Charlie Hebdo. In realtà queste frasi sono datate 30 settembre 2000, sono vecchie di quindici anni. A pronunciarle un grande e dimenticato uomo di Chiesa, il cardinale Giacomo Biffi all’epoca arcivescovo di Bologna. Era l’anno del Giubileo e il tema dell’immigrazione era all’ordine del giorno. Iniziavano a manifestarsi i primi reali problemi di integrazione, mentre l’Europa decideva di ripudiare le proprie radici cristiane con la presunzione di rendersi sempre più aperta ed accogliente verso tutte le religioni. Biffi metteva in guardia dai rischi connessi ad una difficile convivenza resa problematica da una oggettiva quanto siderale diversità di vita, religione e tradizione. Contro Biffi si scatenò vibrante la protesta dei laicisti duri e puri e dei cattolici benpensanti e progressisti, quelli dalle idee aperte, convinti che con il dialogo si potesse risolvere sempre tutto e bene.

Il dialogo? Una parola tanto bella quanto priva di significato. Ricordo in quei giorni un sacerdote ospite in un programma di Michele Santoro scagliarsi contro Biffi con una lettera aperta nella quale, citando i soliti banali quanto fasulli luoghi comuni sul Gesù che accoglieva tutti e che non aveva pregiudizi contro nessuno, si sperticava in messaggi di amore, fratellanza e solidarietà verso i “fratelli musulmani” dichiarando con orgoglio di non riconoscersi nella “Chiesa di Biffi”. Ebbene, oggi stiamo sperimentando la fondatezza dei timori espressi all’epoca dall’allora arcivescovo di Bologna. Dopo aver assistito ai padri e mariti assassini che hanno punito con la morte le figlie e le mogli colpevoli di voler vivere all’Occidentale (inutile fare esempi, l’elenco sarebbe troppo lungo purtroppo), oggi vediamo colpito quello che per noi europei ed occidentali è il simbolo della democrazia, ossia il principio della libertà di stampa.

Abbiamo visto giornalisti assassinati in maniera spietata, con un odio ed una violenza impressionanti, un orrore senza fine. Ci siamo accorti che la libertà di stampa e il diritto di critica e di satira non sono più principi sacri ed inviolabili. Lo abbiamo capito con il sangue.

La società cristiana si è spesso indignata per la satira blasfema contro i propri simboli religiosi, ma al di là delle proteste, dell’indignazione, di qualche rosario recitato in riparazione ai volti di Cristo imbrattati di merda, alle rane crocifisse, alle madonne ridicolizzate sotto ogni forma, non ha mai, mai pensato di intimorire la libertà di espressione, né tantomeno di punire l’oltraggio con il sangue.

Gli islamici ci hanno fatto capire che non siamo più padroni in casa nostra, che quella libertà di stampa tanto inseguita e difesa dalle costituzioni europee da oggi in poi dovrà essere limitata, non dovrà andare ad urtare la suscettibilità dei musulmani, la loro fede, il loro sentimento religioso. Maometto non si tocca, altrimenti vi ammazziamo tutti.

Ma non c’è da stupirsi, se si pensa che quella stessa libertà di stampa oggi così gravemente colpita al cuore, è pressoché proibita, o nel migliore dei casi drasticamente limitata e controllata, nei Paesi musulmani. Ecco quindi che il riferimento di Biffi a quelle “diversità culturali” quasi insormontabili oggi si sta evidenziando in tutta la sua gravità. Saremo noi a doverci inginocchiare alle regole dell’Islam, a dover rinunciare al nostro diritto di critica, di satira, al nostro legittimo diritto di non essere d’accordo con le loro idee?

Chi scrive ha un profondo rispetto per tutte le religioni e ritiene che non si debba mai offendere, in alcun modo, il sentimento religioso delle persone, siano esse cristiane, musulmane, ebree, buddiste. Non ci piace veder offeso Gesù Cristo, e allo stesso modo non ci piace veder offeso Maometto, la religione non dovrebbe essere mai oggetto di satira e di scherno; però non si può accettare oggi un bavaglio alla libertà di espressione imposto con il terrore e con il sangue. Non possiamo accettare un principio secondo cui si può offendere Cristo, ma non Maometto, si può fare satira sul cristianesimo che ripudia la violenza e perdona tutti, e non sull’Islam che al contrario punisce chi offende il profeta con la morte.

Per questo rileggendo le parole profetiche del cardinale Biffi viene quasi da compatire i tanti che all’epoca non compresero la posta in gioco e oggi, soltanto oggi, di fronte all’orrore iniziano a rendersi conto di non averci capito nulla.

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