Homs, un gesuita racconta

Come comunicato nei giorni scorsi, sabato il gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, collaboratore di Popoli, è stato costretto a lasciare la Siria. Nel Paese mediorientale, teatro di un conflitto intestino sempre più sanguinoso, restano però altri gesuiti, fonti di preziose notizie e testimonianze sull’evoluzione della crisi. In particolare resiste una piccola comunità ad Homs, una delle città più martoriate. Pubblichiamo di seguito una sintesi della lettera scritta il 16 giugno da uno di questi padri, Ziad Hilal, dal quartiere di Nouzha, distante 900 metri dalla residenza dei gesuiti, e inviata al Provinciale del Prossimo Oriente. La lettera è stata resa pubblica oggi dal Servizio informativo della Curia generalizia dei gesuiti, a Roma.

«Vi scrivo per informarvi della nostra attuale situazione e di quello che stiamo vivendo in questi giorni, durante i quali qui ad Homs gli scontri tra le due fazioni in guerra sono diventati più violenti, in particolare proprio nel nostro quartiere. Da giovedì scorso non ho potuto incontrare padre Frans van der Lugt e ho tentato diverse volte di raggiungerlo con l’aiuto di padre Michel Naaman, ma inutilmente. La situazione è molto delicata e qualunque tentativo di entrare nella città vecchia equivale ad un suicidio. Da giovedì i bombardamenti proseguono senza sosta e la presenza di numerosi cecchini rende impossibile avventurarsi in quella parte della città. Bahjat, il giovane che si trova attualmente con padre Frans, ci ha riferito che il nostro quartiere è in gran parte distrutto, e anche muoversi a piedi è difficile a causa dei cumuli di macerie e detriti per le strade. Negli ultimi giorni sono stati uccisi cinque cristiani, alcuni nelle loro case, altri per la strada (…). Secondo le statistiche, ci sono ancora 120 persone nel quartiere e 25 nella nostra residenza. Il problema è aiutarli nelle necessità quotidiane, dal momento che non possiamo inviar loro nessun tipo di merce a causa delle strade bloccate.

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