Lo scienziato arruolato a forza alla causa gay | La Nuova Bussola Quotidiana

di Tommaso Scandroglio 02-02-2015

Che la corona inglese si inchini e chieda scusa ai gay. Questo è il succo di una lettera firmata da 60mila persone e inviata al governo inglese, al principe William e consorte. Tra i firmatari compaiono il regista del film The Imitation Game, Morten Tyldum, e l’attore protagonista Benedict Cumberbatch, noto al pubblico per interpretare Sherlock Holmes in una serie televisiva di successo.

La lettera nasce infatti dalla vicenda del matematico omosessuale di Alan  Turing narrata dalla pellicola, il quale riuscì a decriptare il codice Enigma usato dai nazisti. Turing fu condannato per “atti osceni” a sottoporsi a un trattamento farmacologico volto a temperare la sua libido. Poi si suicidò. Per il mondo gay, nonché per il film diretto da Tyldum, il matematico si tolse la vita proprio a causa della condanna subita, ma in realtà non ne possiamo essere certi. Forse dipese proprio dalla sua condizione omosessuale, come attesta l’articolo “Suicidi dei gay, l’omofobia non c’entra” pubblicato su queste colonne qualche mese fa (clicca qui)

Il film e i suoi interpreti sono in odore di Oscar (e la petizione aiuta nella corsa). Infatti, gli ingredienti del gaiamente corretto ci sono tutti: un film contro i nazisti, una persona omosessuale che salva la patria e da questa viene vilipesa fino a spingerla alla morte. Non premiarlo sarebbe da omofobi. Ma dicevamo della lettera-petizione rilanciata ultimamente dall’organizzazione Change.org. Regista, attore e insieme a questi anche Rachel Barne, nipote di Turing, e Peter Thatchell, attivista gay, hanno pubblicato questa lettera aperta sul Guardian in cui si afferma quanto segue: «Le leggi britanniche sull’omofobia hanno reso intollerabili le esistenze di generazioni di uomini gay e bisessuali. Tocca ai giovani leader odierni, inclusi il duca e la duchessa di Cambridge [cioè William e Kate, n.d.a.], riconoscere questo marchio infame della nostra storia e agire affinché venga cancellato. Chiediamo al governo di Sua Maestà di iniziare una discussione sulla possibilità di perdonare tutti coloro, vivi o scomparsi, che come Alan Turing furono condannati per omosessualità. Lo scienziato», continua la lettera, «fu uno dei grandi eroi del ventesimo secolo, un uomo il cui lavoro sulle macchine che decifrarono Enigma ci aiutò a vincere il secondo conflitto mondiale e che svolse un ruolo cruciale nello sviluppo dei moderni computer».

Nel 2013 la Regina Elisabetta e il governo di David Cameron, lo stesso che ha sdoganato le nozze gay, riabilitarono formalmente Turing, graziandolo in modo postumo. Proprio perché il governo aveva dato prova di condotta omofiliaca la lettera così conclude: «Le scuse e il perdono ad Alan Turing sono i benvenuti, ma ignorano gli altri 49 mila uomini condannati in base alla stessa legge, molti dei quali si sono suicidati come conseguenza delle accuse ricevute. È possibile che 15 mila di loro siano ancora in vita». Insomma, si invoca non solo un’amnistia giuridica – già dal 1964 in vigore dato che sin da quella data i reati per “indecenza” a sfondo omosessuale sono stati abrogati – ma anche un’amnistia della memoria o culturale. E che si faccia presto perché i sopravvissuti alla purga omofoba si stanno estinguendo. William e Kate hanno fatto sapere tramite un portavoce che non spetta a loro intervenire: sarebbe un’ingerenza della Casa reale in affari di governo. Ma di certo, pena far la fine di Turing, sosterranno in qualche modo la causa.

Questa missiva è una efficace cartina tornasole per comprendere l’omo-strategia più recente. In primo luogo c’è un’estensione indebita, potremmo così dire, della condizione omosessuale. Turing era un grande matematico e decriptò Enigma non perché omosessuale. A leggere le recensioni del film e la filigrana ideologica della lettera indirizzata al governo inglese invece pare che siano stati gli omosessuali a sconfiggere il nazismo. In secondo luogo, la figura di Turing diventa una bandiera arcobaleno da brandire contro chi critica l’omosessualità, quasi che la condanna subita dal matematico legittimi i matrimoni gay, le adozioni omosessuali etc. Si chiama uso strumentale della storia personale di un uomo. Forzare cioè ideologicamente il senso di una vicenda di un singolo per farlo assurgere a paradigma universale della liberazione dei gay dallo strapotere degli eterosessuali. Forse manco Turing ci sarebbe stato.

E manco Oscar Wilde. Com’è noto lo scrittore irlandese fu incarcerato dal tribunale di Sua Maestà per sodomia nel 1897. Condanna ingiusta secondo il sommo letterato? Questo il giudizio su di sé e la sua condanna appuntato da Wilde nel suo De Profundis, una lunghissima lettera scritta dal carcere: «Voglio arrivare al momento in cui sarò in grado di dire, con semplicità e senza affettazione, che le due grandi svolte decisive della mia vita furono quando mio padre mi mandò a Oxford e quando la società mi mandò in prigione. Nella mia perversità, e per amore di essa, mutai le cose buone della mia vita in cattive, e quelle cattive in buone. Ricordo, mentre ero seduto sul banco degli imputati, in occasione del mio ultimo processo, di aver ascoltato la spaventosa denuncia che Lockwood [il Pubblico Ministero, cioè l’accusa, n.d.a] fece di me e di essermi sentito disgustato per l’orrore di ciò che avevo sentito. All’improvviso mi venne in mente: sarebbe bellissimo se fossi io a dire tutte queste cose di me».  Ecco, almeno a Wilde non serve che Sua Maestà si scomodi per chiedere scusa.

Inoltre, la richiesta delle scuse pare più essere una minaccia. Se la Regina & Principi insieme al Primo Ministro ora non vanno casa per casa a chieder venia a tutti le 15mila e più persone omosessuali condannate per “indecenza” saranno regali guai per tutti. Ovvio che sarà inutile difendersi dicendo che erano altri tempi, altre sensibilità, etc. Il gay militante guarda il passato con gli occhiali del presente e questo, per paradosso, aggrava la sua miopia culturale. Che i Romani dunque si preparino a chiedere scusa ai Toscani a motivo della conquista dell’Etruria avvenuta una manciata di secoli or sono.

Quest’ultima riflessione, poi, ci porta a formulare una domanda. Se i gay hanno chiesto che il governo chieda loro scusa, perché non possono farlo anche i cattolici? Pescando nel mazzo delle persecuzioni a danno dei fedeli di Santa Romana Chiesa, circa trecento furono i cattolici uccisi e poi martirizzati sotto Enrico VIII, Elisabetta I e altri monarchi. E questo per limitarci alle condanne ufficiali. Perché la discendente odierna al trono di Inghilterra non ci chiede scusa? Altro che “trattamento farmacologico”, qui si parla di cappio. Che i nipotini di Tommaso Moro prendano quindi tastiera e mouse e inviino una bella mail esigendo una purificazione della memoria dalle teste incoronate inglesi e dall’inquilino del numero 10 Downing Street. Se chi sta nei piani alti non lo farà potrà essere tacciato di discriminazione.

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