Nigeria: esserci.

Il resoconto di un nostro collaboratore nel lavoro di sostegno ai cristiani vittime degli attentati

L’atmosfera generale in città era tesa con checkpoint militari ovunque. Gli infiniti controlli creavano lunghe code, così il nervosismo montava inesorabile mentre si rimaneva imbottigliati nel traffico. La normalità non esiste più in questa città e tutto ciò a causa di atti folli e crudeli. Non ci si sente solo insicuri e impauriti, ma anche frustrati da queste ingiustizie. Quando arrivammo alla Chiesa e ci trovammo davanti al cratere causato dall’esplosione, provai un mix confuso di sentimenti. Quel mattino un terrorista suicida si era fatto esplodere a pochi passi dall’edificio della Chiesa COCIN a Jos, capitale dello stato di Plateau (Nigeria), mentre si svolgeva un servizio mattutino.

Erano tante le domande che affollavano la mia mente in quel momento. Quali motivi può avere una persona per realizzare un atto così estremo? Che cosa spinge un uomo a dirigersi verso un gruppo di persone e a farsi saltare in aria uccidendone il più possibile? E’ forse prigioniero di un subdolo indottrinamento e di un mare di bugie? O è mosso dalla paura?

Attorno a me c’erano molti individui accorsi nel luogo della tragedia: quell’attentato aveva tolto la vita a varie persone, ferendone molte altre. Vidi negli occhi dei presenti le mie stesse domande e le mie stesse paure. I danni a una delle pareti della Chiesa erano estesi. Un’enorme crepa e ampie macchie nere lasciate dal fuoco mostravano la potenza dell’impatto in un’altra parete. Tutto attorno, auto danneggiate, vetri frantumati e tetti di case vicine piegati su se stessi come carta. Le persone scuotevano la testa, parlavano a voce bassa per rispetto, altre si abbracciavano in silenzio. Varie Chiese in città hanno ricevuto attacchi o minacce simili e viene da chiedersi: Dove ci porterà tutto questo e quando finirà?”.

La voce di una donna mi distolse da quei brutti pensieri: stava ringraziando Dio, poiché chissà cosa sarebbe successo se la bomba fosse esplosa all’interno della Chiesa gremita di gente. Era vero: la mano di Dio dunque aveva fatto esplodere la bomba fuori dall’edificio?

Progressivamente lo shock, l’afflizione e il rimorso fecero spazio a sentimenti di gratitudine e sollievo. Mi resi conto che le persone non erano lì per curiosità, ma per ascoltare, sostenere, condividere il dolore e la sofferenza di chi aveva perso qualcuno. Decisi di passare dall’ospedale dove erano stati portati i feriti e vidi amici e parenti delle vittime affollarsi all’entrata principale: a quel punto realizzai che quell’atto di crudeltà sarebbero stato demolito da innumerevoli atti di amore, dolcezza e fratellanza.

Possano coloro che sono stati direttamente coinvolti da questa tragedia essere consolati dal fatto che niente ci può separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù! Possano ricordare che è il Signore Gesù stesso che costruisce la sua Chiesa e continuerà a farlo fino a quando non tornerà!

Fonte: www.porteaperteitalia.org.

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