Se gli intellettuali evocano Satana

di Roberto Dal Bosco  24-02-2013

Sapevamo che era solo questione di tempo: l’abdicazione di Benedetto XVI, benché totalmente imprevista, non poteva non provocare reazioni anche in chi, a livelli diversi, si pone fuori – o decisamente contro – la Chiesa Cattolica. Delle repliche degli Oddifreddi, delle Margherite Hack, dei compìti collaboratori di Micro/Mega, può importare fino ad un certo punto. Interessa rilevare invece la reazione di quel mondo culturale che avversa – in modo più profondo e finanche «occulto» – il Papa romano: filosofi, cattedratici, capitani di industria, giornalisti, scrittori, editori elegantissimi, riuniti in precise cerchie culturali, sulle quali non moltissimo si sa, perché non fanno dell’antipapismo il loro vessillo diretto, ma che più di qualcuno ha potuto definire come seguaci di una Gnosi rinata, e moderna: cioè di quella antica, mai sopita eresia che negava in toto il Cristianesimo petrino invertendone diabolicamente tutti gli assunti.

Interessa rilevare queste reazioni in ispecie quando vengono pubblicate con ampio spazio sul maggior quotidiano nazionale, Il Corriere della Sera, che certo non è nuovo a simili operazioni, ma che questo 19 febbraio pare avere sul serio la tentazione di gettare via ogni maschera.
Sul paginone degli editoriali, ecco che il Corrierone sbatte in tutta evidenza un lungo e densissimo articolone filosofico del prof. Emanuele Severino dal titolo “Nella nobile rinuncia di Benedetto il grande turbamento della Fede”.

Il titolo in realtà è fuorviante, perché non lascia minimamente immaginare gli abissi di pensiero in cui ci si inoltra con codesta lettura. «Il mondo cristiano, tanto meno un Pontefice, possono riconoscere che il turbamento della fede è ben più profondo di quello visibile, dovuto alla corruzione all’interno della Chiesa (…) ll “relativismo” è stato l’avversario di Benedetto XVI (…) Il semplicismo concettuale e l’ingenuità del relativismo ne favoriscono infatti la diffusione presso le masse, e tale diffusione è tutt’altro che irrilevante per la vita della fede. Giovanni Paolo II si avvicinava maggiormente all’avversario autentico quando individuava negli inizi della filosofia moderna (…) la matrice di tutti i grandi «mali» del secolo XX (…) lo stesso relativismo può essere inteso come un parto di quella matrice». Ma l’apertura al pensiero dei Papi dura poco: «tutte queste interpretazioni non riescono ancora a guardare in faccia l’avversario autentico (…) se vogliono vivere un po’ più a lungo, non accada loro di combattere i nani, quando invece il gigante pesa già su di esse e toglie loro il respiro. Il gigante che possiamo chiamare “Prometeo”».

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